Tendenze separatiste

Vediamoli alcuni di questi punti di conflitto che tanto ci ricordano le medioevali focose dispute (o rivalità) fra guelfi (papato) e ghibellini (imperatore) od ancora fra i comuni di Siena o Lucca contro quello di Firenze.




Procedendo dal nord verso il sud abbiamo:



Südtirol – Dopo i numerosi attentati dinamitardi degli anni ’60-70, esistono ancora oggi delle minoranze come l'Union für Südtirol (partito indipendentista- nazionalista di destra) sostenitore del diritto all'autodeterminazione pacifica per l’annessione del territorio all’Austria non accettando l’annessione di Bolzano al Regno d’Italia del 1918 avvenuta senza tener conto della volontà della popolazione autoctona. Il Trentino-Alto Adige (in tedesco Trentino-Südtirol) godono Di un'amplissima e ricchissima autonomia, in base alla quale esso dispone del 90% delle imposte pagate localmente.



La Lega Nord (denominazione completa Lega Nord per l'Indipendenza della Padania), pur se sostenitrice del federalismo regionale, resta visceralmente legata ad un’ideologia secessionista.

Fra i tanti movimenti con mentalità separatista, quello della Lega è da prendere in più seria considerazione sia per la consistenza di tale movimento nelle regioni del nord, sia per l’aggressività dei suoi ministri che pur avendo giurato fedeltà allo Stato ed alla costituzione commettono delle azioni al limite del reato (dal vilipendio di bandiera (Vilipendio alla bandiera la Camera salva Bossi – gen 2002) alla sconfessione dell’Inno di Mameli quale inno nazionale).

E’ notizia di oggi, proprio in fase di revisione della bozza, che in Lombardia i consiglieri della Lega hanno disertato l'aula di Regione e Provincia proprio al momento dell’esecuzione dell’Inno di Mameli che inaugurava le rispettive sedute!



«Non è un caso che i Padri Costituenti, come simbolo di questo insieme di valori fondamentali, all'articolo 12, indicarono il tricolore italiano. Il tricolore non è semplice insegna di Stato. È un vessillo di libertà, di una libertà conquistata da un popolo che si riconosce unito, che trova la sua identità nei principi di fratellanza, di uguaglianza, di giustizia nei valori della propria storia e della propria civiltà. … » (Carlo Azeglio Ciampi, Presidente della Repubblica Italiana)



La Lega Nord, manipolando un po’ la storia, si è creata dei simboli propri a partire da quella che loro chiamano la “bandiera storica della Padania” mescolando il regno della “Langobardia maior” caduto nel 774 ad opera dei Franchi di Carlo Magno, con la bandiera della Lega Lombarda del XII secolo, quando i Comuni Lombardi sconfissero il Barbarossa.

In aggiunta adesso compare un falso simbolo celtico: il “Sole delle Alpi”. In realtà questo simbolo è universalmente conosciuto come “Fiore della Vita” ed è un simbolo antichissimo, presente ovunque nel mondo ed in ogni cultura! Ovviamente i “geniali” leader della “lega nord” hanno ritenuto opportuno nobilitare le loro origini ricorrendo ad una falsa testimonianza dell'origine celtica delle popolazioni del Nord Italia (ma ce n'era proprio di bisogno ?): proprio come i Nazisti di Hitler che adottarono il simbolo ariano del Sole, la svastica, per evocare la loro presunta discendenza ariana.

(approfondimenti su

http://lamartinasalvo.sitiwebs.com/page14.html )



Anche se adottato provvisoriamente dall’ottobre del 1946 e definitivamente nel 2005, l’Inno di Mameli (inno nazionale della Repubblica Italiana) nel lontano 1848 era diventato un simbolo del Risorgimento Italiano.

Ma la “Lega nord”, nel suo tentativo di ricusare tutto ciò che anche solo idealmente unifica, decide di sostituirlo ed adotta in sua vece il coro del Nabucco di Giuseppe Verdi (Va pensiero - canto dagli Ebrei prigionieri in Babilonia) che non ha alcun nesso con l’Italia (fosse anche quella del nord), ma in compenso è famoso, orecchiabile e quindi fa presa presso le masse.

Sempre la “Lega nord”, dalla memoria molto corta, oggi si schiera contro chi ha origini meridionali (per non parlare delle forme razzismo verso gli extracomunitari) con apposite leggi contro questi presunti intrusi che “rubano” il lavoro dimenticando che negli anni fra il 1950 ed il 1960 fu proprio l'elevata disponibilità di manodopera (a basso costo) ed il forte flusso di migrazione dal sud verso il nord a favorire lo sviluppo e la crescita dell’industria italiana fino a renderla competitiva nel mondo. Da non dimenticare che le principali industrie erano e dislocate al nord anche per le vantaggiose condizioni ambientali quali l’abbondanza di acqua, il terreno pianeggiante che favorisce i trasporti e la vicinanza con i mercati europei.



L'indipendentismo sardo è una corrente politica che propugna l'indipendenza nazionale della Sardegna dall'Italia vantando il diritto all'autodeterminazione sostenendo che la Sardegna è una nazione avente una storia, una lingua ed una cultura propria e sostanzialmente diversa da quella italiana.

Anche il popolo sardo ha un suo simbolo ed una storica bandiera: lo scudo con croce rossa ed i quattro mori bendati. La sua più antica testimonianza risale al 1281 ed è costituita da un sigillo della cancelleria reale di Pietro il Grande d'Aragona. Il simbolo comparve nella Sardegna spagnola su monete e sui gonfaloni dei corpi speciali dei Tercios de Cerdeña, istituiti da Carlo V per la difesa nelle operazioni contro i Turchi.



Il Movimento Neoborbonico è un movimento che, come si legge sul loro sito neoborbonici.it, nasce con la pretesa di ricostruire la storia del Sud e con essa un discutibile orgoglio meridionale. Anche questo movimento ha i suoi propri simboli: Le bandiere del Regno delle Due Sicilie, i gigli d'oro borbonici, le coccarde rosse dei briganti, o l'inno nazionale di Paisiello. L’auto definizione di neoborbonici è, dal movimento, giustificata con il fatto che sotto i Borboni i Meridionali sono stati un popolo amato, rispettato e temuto in tutto il mondo. Era, infatti, un “regno ricco, all'avanguardia e con un livello di benessere medio non differente da quello degli altri Stati, se non addirittura superiore”.



Il regno di Sicilia, creato nel 1130 con Ruggero II d'Altavilla e durato fino all'inizio del XIX secolo, è il più antico regno nazionale prima dell’unità d’Italia. Non è strano quindi che sia la regione che più di frequente nella sua lunga storia si è ribellata ai “forestieri” che di volta in volta l’hanno padroneggiata:



Nel 1282 abbiamo la rivolta contro Carlo d'Angiò, nota come il Vespro siciliano, che portò alla costituzione di uno Stato siciliano repubblicano e indipendente di breve durata. «se mala signoria che sempre accora i popoli soggetti, non avesse mosso Palermo a gridar "mora! mora!"» (Citazione dei Vespri dalla Divina Commedia di Dante)

Nel 1647 la Sicilia fu protagonista di una rivolta contro il fiscalismo troppo pressante del governo spagnolo, rivolta finita con repressioni sanguinose.

Nel 1820 c’è la prima rivolta contro Ferdinando III Borbone dando nuovo impulso ad un desiderio di indipendenza da lungo tempo covato. Venne istituito un governo presieduto dal principe Paternò Castello, che ripristinò la Costituzione approvata nel 1812, ma nel giro di pochi mesi il re inviò un esercito agli ordini di Florestano Pepe che riconquistò la Sicilia con delle lotte sanguinose.

Un nuovo moto indipendentista scoppiò a Palermo nel 1848, guidato da Ruggero Settimo e Francesco Paolo Perez, ma il re Ferdinando II si riappropriò della Sicilia con varie lotte e vari spargimenti di sangue.



Tutte queste lotte avranno come conseguenza che i Siciliani nutriranno dentro di loro un odio verso i Borboni, rei di aver cancellato l'antico Regno di Sicilia (il più antico di tutta l'Italia preunitaria), per farlo diventare una provincia del Regno di Napoli, qualche anno dopo, infatti, i siciliani appoggiarono i piemontesi.



Nel periodo dell'occupazione alleata in Sicilia, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nacque un movimento indipendentista (Comitato per l'Indipendenza della Sicilia - CIS) cui aderirono esponenti politici eterogenei dal socialista rivoluzionario Antonio Canepa (poi comandante dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia) ai baroni Lucio Tasca (eletto Sindaco di Palermo nel 1943) e Stefano La Motta ed ai monarchici Guglielmo Paternò Castello duca di Carcaci e il principe Giovanni Alliata. Finocchiaro Aprile chiese l'abdicazione di Vittorio Emanuele III e nella primavera del 1944 il CIS si trasformerà in “Movimento per l'Indipendenza della Sicilia” (MIS) con la tolleranza da parte degli Alleati.



Sotto la spinta dell'ala oltranzista, il MIS tentò l'insurrezione separatista con la formazione dell'Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia (EVIS), la cui attività di guerriglia e resistenza fu talmente veemente che per contrastarla il governo fu costretto ad inviare in Sicilia l'Esercito Italiano. Il 17 giugno del 1945 in uno scontro a fuoco con i Carabinieri cadeva il comandante dell'EVIS Antonio Canepa. Il suo posto fu preso da Concetto Gallo, che portò a un'alleanza militare con il banditismo e la banda di Salvatore Giuliano.

Il contributo dato da autonomisti moderati come Don Sturzo e La Loggia portarono alla sconfitta delle posizioni estremistiche del M.I.S. ed alla approvazione dello Statuto dell’autonoma Regione Siciliana.

La Sicilia ha una sua realmente storica bandiera (giallo-rossa, con al centro la Trinacria) che risale al 1282 quando venne adoperata per la prima volta nella Rivoluzione del Vespro, volendo simboleggiare l'unità della Sicilia nello scacciare gli Angioini.

Negli anni ’40 il Movimento indipendentista aveva scelto come Inno di Sicilia “Suoni la tromba” dai Puritani di Vincenzo Bellini. Anche in questo caso non c’è alcun nesso fra l’ambientazione dell’opera (Inghilterra nel secolo XVII) e la Sicilia, ma l’orecchiabilità del brano e la sicilianità del Bellini (grande compositore tra i più celebri operisti dell'Ottocento) lo ha fatto diventare un vero e proprio inno degli indipendentisti siciliani.



C’è chi non si accontenta di un solo inno, ed in attesa di decidersi fra presidenzialismo, federalismo, autonomismo e separatismo di inni né ha preparati ben due: Forza Italia e Meno male che Silvio c'è.



E cosa dire infine dello Stato della Chiesa? Mi chiedo quanto sia calzante parlare di Stato della Chiesa in questo mio divagare sull’Unità d’Italia, ma un breve cenno forse è opportuno.

E’ vero che lo Stato Pontificio ha perso i suoi territori ed il suo potere temporale durato oltre un millennio, in un breve lasso di tempo che va dal 1861 (perdita di Marche ed Umbria) al 1870 (presa di Roma). Ma da allora, anche se con alti e bassi, la Chiesa non ha mai cessato di sovrapporsi ed influenzare con le sue scelte non solamente i quesiti dell’anima ma anche quelli più concreti che interferiscono con l'autonomia decisionale del singolo cittadino rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui, ovvero con la laicità del popolo italiano.

In particolare nel secondo dopoguerra la politica italiana è stata fortemente ispirata dalla chiesa tramite la sua decisa influenza sulle azioni ed i comportamenti della Democrazia Cristiana.

L’appoggio politico-elettorale della Chiesa verso la Dc aveva come contropartita la possibilità di interferire nella legislazione se non addirittura nell'articolazione delle leggi che il Parlamento andava a votare.

Ancora oggi le pressioni della Chiesa sono, in Italia, molto forti ed impattano sulla vita sociale di tutti i giorni, quali: coppie di fatto, omosessualità, cellule staminali embrionali, eutanasia, testamento biologico, aborto, divorzio, procreazione assistita, educazione sessuale nella scuola pubblica italiana, pillola del giorno dopo, uso del preservativo, insegnamento della dottrina cattolica imposta all’interno della scuola pubblica italiana e via dicendo. Argomenti tutti che implicano delle scelte etiche relative al comportamento del singolo nel rispetto delle decisioni altrui.